La chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta in Ghedi
Appena deliberata dalla Municipalità ghedese nel 1606 la costruzione di una più ampia nuova chiesa parrocchiale, i preparativi iniziarono subito.
Ma durante i lavori si dovette passare attraverso varie vicende finanziarie e giudiziarie, tanto che nel 1620 l’edificio era terminato nelle strutture complessive, ma non nella definizione delle suppellettili, sebbene vi si svolgessero già le funzioni, non senza pericoli per l’incolumità dei fedeli. Non è tuttora precisato il nominativo del bravo architetto progettista: si è ancora incerti fra Giovanni Antonio Avanzi e Pier Maria Bagnatore. Sicuro è invece l’intervento del costruttore, il capomastro Giovanni Avanzi, figlio del predetto Giovanni Antonio, esponente di un’importante impresa familiare che estese la propria attività sul Bresciano dal XVI al XVIII secolo.
La chiesa sorse accanto ed, in parte, al di sopra delle fondamenta di precedenti edifici di culto che l’intervento seicentesco ha purtroppo quasi cancellato, ma che gli accurati scavi archeologici del 2000-2001 hanno dimostrato datare fra l’VIII e il XIV secolo, individuando, fra l’altro, un battistero altomedievale.
Cessata la peste del 1630 e recuperate risorse economiche, ripresero i lavori di rifinitura con l’allestimento di altari (in legno), dipinti, statue, arredi che sono giunti in gran parte integralmente a noi.
L’impianto architettonico, ad aula unica, si caratterizza per la grande solennità e per l’armonia delle masse murarie incise dalla luce che, penetrando dalle finestre romane e serliane, giunge a scavare di chiaroscuri gli arconi delle cappelle laterali, concorrendo perfettamente ai dettami controriformistici suggeriti dal Concilio di Trento (1545-1563). Tali dettami erano stati prontamente perseguiti con rigore da San Carlo Borromeo mediante le sue “Instructiones fabricae et suppellectilis ecclesiasticae” del 1577, trattato che rappresentò, sia pure per non molto tempo, la temperie spirituale cui corrispose una specie di codice per i progettisti chiesastici: semplicità,armonia, decoro,luminosità, preminenza dell’altare maggiore, il tutto per esaltare la grandiosità delle cerimonie del culto cattolico. Tutto in questa chiesa, fra le poche della Provincia, concorre al concetto della rappresentazione della gloria della Chiesa trionfante, senza tuttavia che venga meno il senso del raccoglimento per l’intimo colloquio con il Padre.
Spoglia di ogni affresco fin dalla costruzione, toccò all’architetto Luigi Arcioni, fra il 1893 e il 1897, progettare l’intera sfarzosa decorazione parietale, in vero un poco eccessiva, al punto che la sua preponderanza ha attenuato la godibilità delle linee architettoniche. L’esecuzione degli stucchi degli encarpi e dei capitelli corinzi furono affidati ai fratelli Lorenzo e Pietro Peduzzi; la decorazione ornamentale a Carlo Chimeri. Cesare Bertolotti eseguì i tre grandi medaglioni della volta con episodi della vita di Maria: La Presentazione al tempio, lo Sposalizio el’Incoronazione (1896) ed i sei tondi nelle unghie della volta stessa con Santi e Dottori della Chiesa (1897
). Cesare Bertolotti nel 1900 dipinse pure le due tende copri-organo e cantoria con la Santa Cecilia e il Re Davide attorniati dagli angeli.
Tra gli arredi sacri distribuiti sugli altari o nella grande aula si possono ammirare le tele con l’Assunzione e l’Incoronazione di Maria di Pietro Marone (1599), laDeposizione dalla croce di Gesù (1647-48) ed i Misteri del Rosario (terzo decennio sec. XVII) di Pietro Ricchi detto “il Lucchese”, lo Sposalizio mistico di Santa Caterina e Santi di Grazio Cossali (1563-1629), l’Ultima Cena (1681) ed il San Carlo in gloria e Santi di Pompeo Ghitti, non dimenticando la magnificaAnnunciazione dell’angelo a Maria di Sebastiano Ricci (1730 ca.) unica opera religiosa di questo grande pittore veneto presente nel Bresciano. Fra le statue lignee il bellissimo Cristo in Croce (primi del sec. XVI) attribuito a Maffeo Olivieri ed il ciclo di sette grandi statue degli Apostoli di Pietro Dossena e bottega (1693-94).
Nella sagrestia, oltre ai bancali di intagliatori bresciani del ‘600 e del ‘700, la bella tela con l’Immacolata Concezione (fine XVI sec.) di Pier Maria Bagnatore.
Testo a cura di Angelo Bonini