Dante Alighieri e i Malesardi
I Cavalieri Malesardi rappresentano una lunga fila (un centinaio) di antichi cavalieri bresciani “fotografati” con affreschi variopinti sui muri del Palazzo Comunale del Broletto e riportano alla luce le dispute, non solo verbali, tra Guelfi e Ghibellini. L’affresco bresciano, esempio di “pittura infamante”, ci racconta di un esilio e ci narra che questi uomini ghibellini furono cacciati da Brescia per le loro colpe dovute a tradimenti e a illecite appropriazioni di denaro. Quest’ultima condanna si può dedurre da quella banderuola nera, identificata con una borsa, portata dai cavalieri Malesardi ed appesa sventolante al loro collo. Ora, se di borsa si tratta, qualche decennio dopo ritroviamo la scena, descritta in lingua e non con i pennelli, da Dante Alighieri, Canto XVII versetto 54 dell’Inferno:
“Poi che nel viso a certi li occhi porsi, ne’ quali ’l doloroso foco casca, non ne conobbi alcun; ma io m’accorsi che dal collo a ciascun pendea una tasca ch’avea certo colore e certo segno,e quindi par che ’l loro occhio si pasca.“
Qui sono descritti coloro che nella loro vita amarono il denaro sopra ogni cosa facendone usura e danneggiando altri per averne sempre di più. Ora tali personaggi danteschi sono descritti con una borsa appesa al collo che, evidentemente, faceva riconoscere a tutti la loro colpa. Nel Medioevo era uso comune raffigurare gli usurai e gli avari con la borsa al collo. Altri esempi del genere sono nella colleggiata di Ennez, nella Cappella degli Scrovegni a Padova e a Conques Sainte Foy.
Dante Alighieri e la Divina Commedia bresciana
Bonino Bonini stampatore, seppur non bresciano d’origine, nel 1483 apre a Brescia una tipografia e stampa una quarantina di opere per la maggior parte classiche. Una grandissima novità fu la stampa della Divina Commedia con commento di Cristoforo Landino associata a 68 Xilografie, di Giovanni Antonio da Brescia, le prime illustrazioni xilografiche del Poema: “La Comedia del Divino Poeta Fiorentino DANTHE ALIGHIERI”, opera presentata il 31 maggio 1487.
I personaggi “bresciani” richiamati nella “Divina” sono Mastro Adamo e Currado Palazzo. Dante ricorda Adamo come falsario di monete e lo pone all’inferno (Canto XXX – 49-129) dove lo raffigura idropico, gonfio e simile a un liuto mostruoso. Nel Purgatorio, invece, troviamo Currado da Palazzo nel canto XVI, verso 124. Siamo nella terza cornice e Dante parla della corruzione umana.
Si tratta di Corrado III dei conti di Palazzo da Brescia, capitano di parte guelfa e reggitore di alcune podesterie. Visse nella seconda metà del sec. XIII. Fu, per opinione comune di tutti gli antichi commentatori, un uomo di esemplari virtù civili e cavalleresche e di provata liberalità.
Dante a Paratico d’Iseo
Interessantissima anche la storia che narra che nel Castello di Paratico sia stato ospitato, dall’antica famiglia Lantieri de’ Paratico, l’esule e sommo poeta Dante Alighieri che, ispirato dal paesaggio, avrebbe scritto alcuni versi della Cantica del Purgatorio. Tantissimi sono gli indizi che il divino poeta sia stato veramente ospite dei signori di Paratico e che abbia catturato tanti spunti per la sua più famosa opera proprio dalla visione del panorama ed anche dalla disposizione a spirale del vigneto che circonda ancora oggi l’antico maniero per immaginare i gironi infernali.
Dante, Albertano da Brescia e il dialetto bresciano
Sembra che il celeberrimo giureconsulto bresciano, con il suo “Liber de doctrina dicendi et tacendi” abbia fornito lo schema del “De vulgari eloquentia”. In questa opera Dante Alighieri scrive del dialetto bresciano:
“così villoso ed ispido di vocaboli e di accenti che per la sua rude asprezza non solo fa uscire dai limiti donna che parli, ma saresti in dubbio, o lettore, se sia un uomo”.
Mette quindi in evidenza come i Bresciani e i loro confinanti preferiscano la V consonante per F, troncando la parola: per esempio nof per nove, e vif per vivo, concludendo “quod quidem barbarissimum reprobamus”.
Tuttavia non mancò di spigolarvi alcune voci per la Commedia, quali: cà (casa), roncare, ladino (facile, scorrevole), co (per inizio), crepa, fare cric (scalfire); e ciò suppone una conoscenza diretta dell’ambiente e dei suoi abitanti, ch’egli certo avvicinò nei porti del Garda, nelle piazze e nei castelli.
Antonio Mazzuca
Nel VII° centenario della morte del Poeta Dante Alighieri – 2021